La differenza tra unioni libere e famiglie fondate sul matrimonio

Nel linguaggio corrente la parola “famiglia” genera oggi più che mai confusione, innalzamento di barricate, scontri tra ideologie, fantasiose invenzioni di aggettivi che, abbinati a questo complesso termine, consentono di godere di alcuni vantaggi e allontanarsi invece da altrettanto scomodi svantaggi insiti nel concetto stesso di “famiglia”.

Il plurale “famiglie” è dunque diventato d’obbligo nei dibattiti pubblici, dove il politically correct spinge a guardare con sospetto qualsiasi tentativo di distinguere la diversa natura di forme di aggregazione interpersonali, vedendoci il rischio di discriminazione.

 E’ evidente quanto tutti vedano del “buono” nel termine “famiglia”, tanto da volerlo adattare a qualsiasi forma di relazione si stia vivendo. Essere una famiglia è bello, emotivamente appagante, dà senso di appartenenza, dà diritti, richiama il prendersi cura l’uno dell’altro, tant’è vero che non esitano a definirsi tali anche gruppi di persone accomunate non solo da relazioni intime stabili (dove l’emozione decide cos’è famiglia e cosa non lo è), ma anche semplicemente dagli stessi interessi sociali, psicologici, economici, culturali. E’ frequente che piccoli imprenditori si facciano pubblicità puntando sul fatto di dirigere una famiglia, più che un’azienda, per sottolineare forse la cura particolare degli uni verso gli altri e la conseguente cura riversata sul cliente per mezzo del prodotto “amorevolmente e serenamente” assemblato e venduto.

Ma come operare allora una prima distinzione, pure necessaria, in questo pluralismo di forme familiari?

Secondo Pierpaolo Donati “il genoma familiare o struttura latente che conferisce l’identità sociale alla famiglia consiste nell’intreccio combinato di quattro elementi legati fra di loro: il dono, la reciprocità, la generatività e la sessualità. La famiglia si forma cioè quando due persone si donano reciprocamente e generano figli attraverso la sessualità di coppia. (..) La relazione di coppia e quella genitore-figlio sono due diverse relazioni che generano un’altra relazione, la struttura relazionale che li connette: in quest’ultima giace quella realtà – in senso proprio e pieno – che chiamiamo famiglia.”1.

Data questa definizione di famiglia in senso proprio, la variabilità nasce nel momento in cui le

dimensioni sono presenti in modo incompleto e le relazioni chiave sono presenti solo parte: per esempio sessualità senza generatività, amore gratuito solo nei confronti del figlio, ma non del coniuge.. Nascono allora le cosiddette famiglie in senso analogico (coppie non sposate, ma che presentano concrete somiglianze con la famiglia in senso proprio) e le convivenze che sono dette familiari solo in senso metaforico (per similitudine, non per somiglianza, per cui non appartengono alla stessa natura della famiglia). Queste ultime non possono essere in alcun modo definite famiglie: tra di esse vi sono le convivenze omosessuali e, in generale, tutte quelle che non presentano una relazione di coppia e/o di filiazione. Per inciso: l’unione omosessuale non costituisce una coppia, ma, per l’appunto, solo una particolare relazione intima.

Qual è allora, fatte queste distinzioni, il motivo per cui val la pena investire sulla famiglia in senso proprio, sia da parte degli individui che da parte della società?

Secondo Donati il punto chiave consiste nel chiedersi cosa necessita una persona per vivere il processo di maturazione verso l’età adulta e in quale contesto può trovare ciò che le serve. Prima di tutto la famiglia rende possibile la costituzione bio-psichica dell’individuo, creando un contesto idoneo alla socializzazione del bambino che apprende a pensare interpretando le relazioni che lo circondano, prima ancora che imitando o imparando dai singoli famigliari. Da qui nasce il “senso familiare”, il senso di appartenenza, l’identità familiare che consente la sopravvivenza nella e della società. Inoltre la famiglia, nella sua forma propria, garantisce stabilità e prevedibilità dei comportamenti e accompagna in modo sicuro la formazione della persona. La famiglia è il luogo della società dove si attua la mediazione tra i sessi, le generazioni e tra l’individuo e la società stessa; nella famiglia ciascun individuo, rispetto agli altri membri dell’unità familiare, si definisce in base al sesso (gender), alla posizione nella sequenza generazionale (genitore e/o figlio) e alla posizione nel ciclo di vita (età). Nell’ambito della relazione familiare l’uomo si realizza come persona, perché la famiglia è una «sfera di relazioni orientata alla totalità della persona umana». Per questo motivo la società ha bisogno di istituzionalizzare questa forma sociale, perché la sua stabilità, la corrispondenza ad un modello di valore dato, sono lo strumento per promuovere la maturazione della persona. Come afferma Donati, “quando pensiamo alla famiglia come istituzione, pertanto, non dobbiamo pensare ad una struttura che sovrasta l’individuo come qualcosa di coattivo e repressivo, ma piuttosto come qualcosa che lo abilita, che lo capacita a diventare una persona matura. Le norme che il self incontra prima in famiglia e poi nell’arena sociale sono la posta in gioco della propria identità personale”2.

L’orientamento solidaristico, di cui la famiglia è modello, va riconosciuto necessariamente differente dall’orientamento all’individualizzazione dei rapporti interpersonali (visti come strumento per la soddisfazione di bisogni emozionali) che genera forme di convivenza regolate unicamente in base a criteri individualistici, senza vera assunzione di responsabilità reciproca e di stabilità.

Senza prendere in considerazione le famiglie tali solo in senso metaforico, che “stravolgono o distruggono i fondamenti simbolici dei legami sociali che sono contenuti nella famiglia, e solo in essa, attraverso la reciprocità fra i sessi e fra le generazioni”3, la cosiddetta «famiglia di fatto» diventa una soluzione rischiosa perché l’assenza del vincolo coniugale fa venir meno la possibilità di identificare i criteri oggettivi che stanno alla base dell’organizzazione sociale: i vincoli reciproci diventano confusi e incerti. Le conseguenze sono la problematicità dell’orientamento degli individui, le gravi carenze nel processo di formazione dell’identità personale e l’instabilità di una società le cui esigenze di prevedibilità e regolazione verrebbero meno.

Infine una società che punti alla stabilità deve necessariamente ponderare il rischio che si corre omologando le famiglie di fatto a quelle legali: l’indebolimento del valore dell’orientamento solidaristico di cui queste ultime sono il modello, a vantaggio di un incremento dell’individualismo, metterebbe a repentaglio la stessa tenuta dell’ordine sociale.

 

Daniela Sottocorno

1 P. Donati – Perché “la” famiglia? Le risposte della sociologia relazionale- Cantagalli 2008, pag 64

2 P. Donati – Perché “la” famiglia? Le risposte della sociologia relazionale- Cantagalli 2008 – pag 73

3 Ibidem, pag. 81